Sul contenuto c.d. «negativo» del testamento tra formula descrittiva e categoria precettiva
Negli ultimi tempi la dottrina civilistica ha conosciuto un rinnovato interesse e una notevole sensibilità per il diritto successorio – dopo una lunga stagione di stasi – favorito dall’impegno a esso dedicato da valenti studiosi, anche della nuova generazione. Tale circostanza ha avuto il pregio di recuperare all’istituto testamentario lo spazio che merita, riaffermandone l’idoneità a regolare i rapporti patrimoniali e no dell’ereditando, ed evidenziandone la capacità di appagare molteplici istanze, molte delle quali prima facie non parrebbe corretto associarle all’atto di ultima volontà. Tra queste, si segnalano le disposizioni di segno negativo, ossia quelle con le quali il testatore pone un divieto. Il presente lavoro si prefigge di indagare la solidità dogmatica dell’espressione «contenuto c.d. negativo del testamento», allo scopo di definirne lo statuto disciplinare. L’analisi muove dai temi della questione testamentaria, per poi incentrarsi sul fondamento, sui caratteri delle disposizioni rientranti in tale categoria e sul ruolo dell’interprete che si imbatta in disposizioni di tal fatta.